la piana

Ci sono volte in cui penso di esser solo, in questa piana.

Ci sono volte in cui ti penso
e guardo fuori dalla finestra,
con lo sguardo appoggiato alle mani, e ci sono macchine,
strade di campagna con i furgoncini gialli che vanno su e giù,
elettricisti al lavoro, con la loro barbetta sfatta, i pali della luce –
fermi, immobili – piantati come cazzi tra
pioppi e rimasugli di querce…
La piana, l’Europa che fu.
Puzza di sterco di gallina, di concime,
che cagano chimico
ormai, acume nel naso e nel polmone.
Ed è una piana larghissima, lunga, immensa proprio
perchè piatta, schiacciata su di sè, tre volte, col suo freddo, anche oggi, che freme
su per la spina,
è una piana di cascine, terra bagnata
stivali e muratori e agricoltori e
avvocati,
e balere in legno, e dio-solo-sa-
Ipermercati!
Ti lascia senza fiato per la sua cacca
di gallina, bruttezza infinita. Pace, però, tra spari di caccia
e cani nei boschi,
anche quella.
A volte mi sento solo,
e penso di esserlo.
Vorrei unirmi a questa terra, qui fuori, abbandonare il resto
con le mani in pasta, le unghie nere
ricurve
e dense marroni, affondate,
piegate anch’esse
tre volte,
poi delle voci mi destano
le tue parole per mail, piombate per caso assoluto nel framezzo
di questa mattina
si assottigliano, brillano, e fendono,
dritto
verso il mio cuore.
E guardo ancora dalla finestra, ed è tutto piatto come prima,
i van e le cascine, pioppi e pali-di-luce,
la cacca concime,
ma io sto
un po’ meglio, di prima.

cioccolatini

la madre preme con le dita
nella bocca del bimbo nero,
labbra zuccherate
bocca piccola, buco di culo di
la madre preme
un’altra ciambella
un trancio
una lite
e io passando vedo i denti bianchi, denti da latte,
pietrine, affogare voraci nel
manto di grassi saturi
logori
GONFI:
La mano preme
la gente sgomita
i pacchi son pronti sul bordo del banco cassa
sorridente
sorridenti.
Tutto è pronto per quel suo buco di
tutto è pronto,
le guance si GONFIano, le mani,
spasmi nell’aria,
lo zucchero incastonato
ai bordi
col becco che va su
e giù,
bamboccio,
anatra nera e ciccia, goffa,
arpia che batte il collo, quando il grumo
s’incastra, picchia in avanti
scatta,
e butta
giù, per Gozzolandia,
spugna gialla zuccherina, occhi gonfi, saturi,
deificati
tronfi, grassi.
Un futuro da pornostar nella vetrina
del mondo fermo alla
cassa –
con il moto
che balla
ancora un po’,
rotatorio
e rivoluzione.

painless

I’m abstract like a
like a picture in the.
And now, writing in the white box
I still remember the effect of the
alcohol, those nights, those green fields
those titles heads,
painless heads,
so titles, so so back, a backbone
like a circle and the stars
as my own, sweet, circus.
Love, my love, I remember
memories, and remembering memories
is check mate.
Is the metallic sound of the key
in the door of the
jail.
Painless nights, I remember them.
When we were trying to cross the scaffold
when we
were
still
trying.
Now I write in the white box, I’m abstract,
like piano notes,
fake: like Soprano’s actors.
I’m just me in the waiting cue of something
looking a bit back
and than nothing.

Sono dei pazzi

hanno preso decisioni
all’ombra di salici che non frustano ma carezzano
la pelle oliva.
hanno guardato da lontano mondi che voi
uomini… hanno ascoltato qualcuno dire che c’era già
stato, qualcuno di bianco vestito
che i serpenti, quelli anziani,
rugosi
con bave giallastre e calze bucate
li sapeva domare.
hanno preso decisioni
fottendosene d’ogni regola o ragione, hanno
piegato cucchiai con la forza del pensiero
sollevato strade
aperto acque
colme di tanto di quel sangue, loro,
hanno,
deciso che la vita e la morte sono una dama cinese
col puzzo di fritto
che s’imbeve tra le pieghe delle camicie,
negre.
hanno preso decisioni
sollevato monti
fatto miracoli.
hanno girato il mondo
mi hanno sconvolto
sulle tue
povere vene.
hanno fatto tutto questo, luride impronte
nel fango d’una trincea
in cui ci siamo,
contando tra le dita, scavando nei nostri nasi pelosi
toccandoci il culo che resta,
noi.

we are all Gaza

In Berlin there is a dress I wanna buy for you
it is a kind of sweet wool short skirt
it is something I saw passing through the scheme
of the street
through all my day here
through my fingers
when I type, when I tease the tablecloth at
home, my mum cooking,
a new pancake a new sugary thought
just for me as human being
all my day here
studying and thinking and nothing
my chair my desk the blank well balanced wall
I get up today and I thought
to crash my head
violently violently purple and again
break of teeth
blood on mouth
salty taste of angriness
crash crash crash smash, with so much to
say and to do
I’m loosing
I’m a looser,
time is passing and I’m just doing what is expected from me
and I wanna I thought to crash
let’s take
it
let’s fly to berlin just for a dress
Saw by a window
as a war that is just a kind of terror for
shy smelly
palestinian kids
It is the right moment now to go and take it.

all it’s allright

taking care of your little fingers i was flattered
i was even
honored as smashed potatoes scratched
in a smoothly sweet and sexy way, so hot erection from the pot,
by an onion silver fork.
it may be the weather
it may be that I bought a cd made of soul and guitar
it may be that
but I’m quite carefree today. Honored,
by your fingers.
I pass my eyes on them, I look at them, pinkie.
Like the red part of the egg
the empty space
in the net
the baritonal voice form a church in the middle Autumn
crazy crispy wind out side and
so
on.
I’m just sitting and thinking,
I’m just far and freezing,
I’m just typing and dazing,
but I remember your feet fingers,
searching my hands
in those still evenings.

Canzone di striscio

sto volando talmente lontano dal posto in cui sono nato
dalla pasta fatta in casa dalle coperte calde
sono qui che mangio ormai solo più cheddar cheese dentro pane da toast
scaldo il pane e ci presso blocchi di formaggio dentro
a qualunque ora del giorno
e a tratti anche della notte che è sempre così nuvolosa
e mentre provo ad accordare la chitarra
penso a come puoi sentire il fiato sul collo delle persone intorno a te
a quando puoi sentire
la solitudine abbracciarti dolcemente, ma fredda, come
un soffio sotto la finestra che si chiude male
proprio quando hai il raffreddore
e inizi a tremare.
sto volando in un posto lontano molto più dei chilometri che rappresenta
ma rimango sempre con la testa piegata verso sinistra
appoggiata al dorso della mia spalla
con una movenza all’ingiù
sperando di cogliere il filo che può tenere unito il mio umore al tuo
che può sorreggerlo fino alla fine del solito dì
quando anche il sole gira e cambia
quando vorrei
poi solo, in definitiva, non c’è immaginazione che tenga, abbracciarti
calda come formaggio giallo fuso
e gialla come pane croccante marron.

Weird Fishes


e il momento
in cui ad una ad una le dita
sfilano dalla ciabatta
su una ghiaietta fine di fine estate ligure,
color seppia,
è finalmente arrivato.
il mare è poi sempre quello il mare
ma è lì
grande ondoso e blu
davanti a noi.
Profondo come quei tuoi occhi
che mi si piantano davanti
nel prendere da terra
la borsa e andare.
Intorno il rumore di un decollo.
l’incomprensione di una ignoranza familiare fatta pane
amore e cemento.
la sabbia di amicizie del devo
non devo.
e il momento in cui ci si lascia alle spalle
il vento
e ce lo si prende in faccia
su un bagnasciuga secco, col sale a tocchi,
è finalmente arrivato.
Slaccio le gambe come fossero fasci muscoli
che non aspettavano altro
e affronto la prima onda
del tuo sguardo grande, a testa in giù.

SAXX

(inspirata da J.C.)

Baka bakai

baka bakai

È un suono sinuoso

che si ripete

Baka bakai

Lo diffondono le casse dello stereo

Le grandi casse nere

Posizionate sopra l’armadio nell’umida stanza.

Agosto, maledetto cemento,

rilasci il tuo caldo mellifluo bakai,

quando io sprofondo nella poltrona

e nella mente

con la schiena curva e gli occhi

contro l’armadio

dietro le ante

dove c’è appesa quella

giacca marron, che ancor puzza

di cicca,

di quel mercato bagnato

a diecimila leghe da qui, dove,

con un sorriso un po’ incerto,

nude le spalle, la comprai.

Lo sguardo della venditrice tradiva

La sua lingua straniera.

Baka bakai,

baka bakai,

e il vinile grasso continua a girare, con le mie gambe

pendule e le braccia a far aria

con un vecchio giornale.


yess!!

e prendimi questa volta di spalle
voglio sentire
quella tua mano di pasta infornata
passare sulla vita, girarla,
come un filo di trentasei lune od ottanta,
io che lentamente mi sposto da un piede
all’altro, sul parquet marron,
casa solitaria,
NEL MEZZO DI UNA PIANURA DISTESA
CON LE MANI DIETRO LA SCHIENA
E LA TESTA ALL’INSU’
con le scarpe che fanno
squash squash
Medici con occhi gonfi sporgenti
mosche poliedriche
assassini indicibili, bava lunga e guanti rossi
dicono che non durerà
tra di noi, sospesi nell’aria,
nella casa solitaria,
NEL MEZZO di
CON GLI OCCHI e
un discorso qualunque
.
e prendimi però questa volta
prendimi ora
solo pochi passi, vieni verso di me, nella stanza silente
non stare
così incredibilmente immobile su queste
ASSI DISTESE
con il sudore a cadere distinto
e la testa
all’ingiù
squash, così di botto a gocciolone,
da un collo all’altro,
io davanti tu dietro, con la precisa sensazione
del filo del silenzio
spesso, teso
tra gli occhi chiusi
e noi.