Perline colorate


Cari amici,

ho stampato un libro e voglio condividerlo con voi.

Negli anni ho ricevuto parecchie proposte editoriali (per la poesia). Non per una qualche forma di bravura: semplicemente il mercato dei piccoli editori che pubblicano poesia, salvo rare eccezioni, è un mercato in cui basta pagare per pubblicare. E io non l‘ho mai fatto – in primis per il costo. In secondo luogo per l’idiozia di pubblicare a qualunque costo.

Oggi mi sento in un bel momento della mia vita. Un momento in cui ho deciso di auto-produrre la mia prima raccolta di poesie per condividerla con chi vorrà leggerla, perchè ho voglia di stimoli. Perchè ho voglia di aperture. Niente editori tradizionali però – ho puntato tutto sul fai da te, convinto che chi leggerà sarà il miglior giudice di quel che ho prodotto.

Il volume si chiama “Perline colorate. Canzoni che piovono e si rimettono in fila”.

Per ottenerlo, ci sono due strade. La prima è scaricarlo gratuitamente sul mio sito, sotto forma di e-book.La seconda è comprare la copia cartacea del volume. Per farlo ci sono diverse opzioni (costa 5 euro, che coprono solo i costi di stampa).
In tutti e due i casi, vai qui per saperne di più:http://web.me.com/michele.lancione/ml/perlinecolorate.html

Io in ogni caso non ci guadagno un euro bucato. Per me l’idea è di far girare questi versi, di mettermi in gioco. Di aprire.

Sono disponibile ad organizzare serate, readings, e quant’altro la vostra fantasia suggerirà. Contattatemi.

Su Facebook – http://www.facebook.com/pages/Perline-colorate/122451487788740?ref=ts – e su questa mia pagina –http://web.me.com/michele.lancione/ml/perlinecolorate.html – raccoglierò tutte le info in relazione alla promozione del volume, e tutto il resto. Nelle stesse potrete anche trovare uno spazio per i commenti, in cui inserire ciò che pensate di questo lavoro.

Questo libro è per me un punto e virgola, una sospensione messa lì sui miei anni passati nel Belpaese. Ora che un’altra partenza si avvicina mi sembrava giusto – e bello, si può dire? – lanciare lì questo ammasso informe di perline.

Un abbraccio a tutti

Michele

hana b e la serra

When I was young, a
kid, a kid-a, nothing more,
I was looking at this Serra as
a marmelade-gelatine shiit.
A long tongue through my beat.
A swan without wings, mute,
stopped in the middle of my garden.
Now that I’m older, now that
the green leaves, failed down, mixed
with beer, made my crown,
now I see this Serra
just as stage. An old, brown scenario.
And I feel much stronger.
I feel. I twang,
that I can do it.
I can play it.

qualcosa che rimane




Andrò a correre
scriverò due righe di questo piano di tesi
incontrerò un altro
senza fissa dimora. E questa sera
una birra. Un’altra ancora. E fra qualche tempo
di questo giorno
l’unica cosa che ricorderò è il sorriso di
una ragazza con le gambe incrociate
sul pavé di Piazza Castello.
Che mangia pizza al trancio, coperta
da una qualche specie
di bolla tutta
per sé.

bon voyage

Oggi mi sei mancata,
oggi non ho parlato.
Sono stato da un cinese muto, pioveva:
la piazza d’immondizie,
la tromba delle scale fumava, ancora. Oggi,
non ho detto parola, tutto il dì,
se non con uno che aveva bisogno, un ballerino, e
questo silenzio è forzatura – mi sei
mancata per il tuo appiattire le labbra
lasciarlo fare a me
e così far andare il giorno. Come un sentiero
un prato bagnato, il lago del parco e
i suoi uccelli scomposti. Che bel pomeriggio, allora. Partiremo,
non vedendole, le spalle. Viaggeremo,
come spazi in una mano aperta,
le scale bagnate di pioggia,
come perline colorate
venute giù, a ventaglio, stelle rimosse e
da un filo riposte al loro ordine
musicale.
Oggi, mi sei mancata: sto contando gli
elementi di un piccolo insieme
ma ce n’è sempre un altro, più grande
sopra di me,
lontano da noi.

Temporale

Sono annebbiato: devo ammetterlo. Almeno in questo momento
su questo divano, con le gambe lunghe:
ho pensato a Eva, che ha un bel sorriso,
ho pensato a Alfredo, che ha un bel piglio,
ho pensato a Giada,
forte, sola (?),
quelli a cui – quelli di cui. Ho pensato che non
ho più casa. E questo un po’ mi ha lasciato
come pesca aperta, del giorno prima,
come due o tre cicche che puzzano un po’,
il raccoglitore dei giornali vicino
alla sedia a dondolo con riviste che
non ho mai letto.
Sono un po’ annebbiato, devo ammertelo, come
devo ammettere che non ha prezzo bere
whiskey e fumare
davanti a una finistra spalancata oltre le tegole
e il buio,
le luci della piazza di fronte: soffuse e ammiccanti,
dolenti dolci note,
di notte ripiene, di sbavature à la Rimmel, nel momento prima di
colar via, come fossero miele.
Mi sono detto: puzzo. Arriverà il caldo
e non userò più quelle coperte. Là, nell’armadio (le vedo). Mi sono detto: sogno.
Sono al penultimo battito
annebbiato
ma ancora non dormo. Ho pensato anche ad Anna, un’Anna,
così piena di vita di voglia, di gente. Ci sono troppe pagine da scrivere
ci sono troppe canzoni,
decisamente ancora troppe
(propositivo, voglioso, lanciato)
ancora da leggere.

because i feel blind

la colonna sonora ideale di questa è: http://www.youtube.com/watch?v=PpX4fJsiS1U&feature=fvst
—-

Semplicemente, così:

come un mobilio rozzo e morso, sto mandando in
frantumi – sganasciate – i contatti della mia
piccola testa.
Sono chips indescrivibili
dita con unghie troppo lunghe che provano a suonare ma
proprio non
proprio non
e allora blind blind
blind
Sono così pronto a
impacchettarvi,
lacci e lacciuoli,
contatti innestati e incrostati
giocattoli fermi nella sabbia
incrostazioni bavose sul delimitare di una
tazza da té.
Volti e sguardi;
cioccolatini scivolati in tasca;
cenni di mano e doveri
sulla soglia del prossimo
turno. Fanculo.
blind, blind – Mi ci affaccio:
dall’alto di un’orecchia
mozza, scorgo nel buco un gran
vuoto, ed è nero
nero, mobilio che vola,
schiaffi di carte
odore
di prugna
cibo & sesso, occhio chiuso
di giovane donna.
Mi rigiro, torco, urlo: ___________
(ma questo è indescrivibile
incomputabile,
mio).
Vorrei, quindi, ora, sull’orlo di questa mia arca
solo brillare,
vedermi nei tuoi occhi,
fiume,
e fare come un altro,
l’impermeabile stanco, ciabatta e tabacco
roso inferno dal vento,
sedermi

o meglio, accudirmi,
accucciarmi,
e aspettare________________
_____________onde e riflessi_____
corpi che non posso neanche
vedere_________________
_______________because I’m blind
I’m blind.

Cullato dal vuoto della mia testa
e rincuorato dal fumo.

– Definitely
blind.

Intervista a Giuseppe Culicchia

Al Collegio Universitario Einaudi di Torino

prosegue il ciclo di incontri

TI PRESENTO UN AUTORE

Ospite GIUSEPPE CULICCHIA

con Brucia la città

(Mondadori, 2009)

MARTEDI 13 APRILE 2010, ore 18.00

Biblioteca Centrale del Collegio Einaudi – Via Maria Vittoria, 39

Presenta: Michele Lancione, ex-allievo del Collegio, vincitore di vari premi letterari

e dottorando presso la Durham University – Newcastle (UK).

Dopo Margherita Oggero e Luca Rastello, prosegue il ciclo di incontri ‘Ti presento un autore’ al Collegio Einaudi con un altro scrittore torinese, Giuseppe Culicchia, che ha esordito nel 1994 conTutti giù per terra, romanzo edito da Garzanti e vincitore del Premio Montblanc nel 1993 e del Premio Grinzane Cavour Esordienti nel 1995, dal quale è stato tratto un film nel 1997, diretto da Davide Ferrario con Valerio Mastandrea. E’ inoltre traduttore e curatore della rubrica Gente di Torino su Torinosette.


sostanze


Tra la gomma, il suo scolo e l’asfalto;
il bosco, l’occhio e la foglia. Tra le tue
dita fini, e il mio seno. La tastiera,
le briciole di una brioche, e
una telecamera di traverso.
La scrivania appoggiata
contro il muro.
Tutte le cose in ordine, tutte, come un pezzo
di legno composto pressato: prova a tagliarlo,
prova a scomporlo. E’ solo
finzione.
Tra le zampe, il filo dell’alta
tensione
e il suo scendere in volo. Mentre piove e le
case paiono pan carré inzuppati, il cielo
coperto, Mon Dieu: tra il sorriso
l’attesa e il bacio sfiorato.
Ci sono non-spazi, incompiute relazioni
attese di microgrammo. E una volta
si va di qua, una volta di là, una volta
sono analisi incomprensibili di malattie incurabili
una volta è
tenerti per mano, questi uccelli che volano
e il lago.
Tra un palo, la mia macchina e l’abisso. Tra
progetti, azioni, e tlack
tlack, che si incastrano
tra noi, un po’ qua, un
po’ più in là.