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Sono lo stupore di una
bimba bionda che corre, ciabattina,
seguendo la madre per non perdere
il treno, lo perdono
il treno.
Sono il sorriso rotto,
labbra incrinate come sfoglia,
forchetta nel pudding,
il suo pianto, io sono,
lo strozzarsi dell’acqua data per
passare e bloccata di
traverso.
Vivo, nel suo sguardo
poggiato sulla china
del tabellone: spalancato
come la buccia e il suo odore.
Sono la mano
la gonna,
il suo scatto
a far scappare
una bestia minore. Rifiuto
i suoi anni a venire. Il suo
sviluppo è una
variabile minuta
che non voglio abitare.

Champagne

Le mucche che cagano
sui prati francesi
hanno ali
lunghe
e palloni a forma di fiore
legati alla
coda.

Quando poi
un fascio di luce le
trapassa, esplodono:
Morbidi squarci dove
un sorriso contadino
trova riparo,
mentre si bagnano
il mio dorso, il
tuo seno,
come fossero carni di
un gioco altro,

filamenti e superfici
di un firmamento
che ha le coordinate
in quello che sento.

Wapping

I divani
Come palazzi indorati
Reggono i miei giorni,
Le mie mutande,
Questi sogni.

Ci sprofondo dentro:
È acqua salata
Di labbro umida
La linea di fuga che
Vedo
Chiara
Ora.



Sent with my phone

Location:London

madre

Mi porto dietro
i tuoi 8 euro l’ora.
i tuoi sogni
disfatti.
La tua caparbietà.
quelle sigarette, che mi hai
comprato di nascosto
col sorriso di chi sa
quando costa
sudore
acido
callo,
il danaro.
le ho fumate già tutte, madre,
le ho fumate
incrostate
ai miei polmoni,
sono i tuoi polmoni,
alle mie gambe,
le tue sigarette improvvise
sono parte di me, Volano,
con me.
E tu,
unica vera,
prendi e sogna dei sogni
miei. Girali come un tarocco
sui campi
estivi, e dai seme per
i tuoi prossimi giorni
a nuove speranze. Per
quelle tue
belle giovani
guance.
Un loro rossore lontano, sarà
per me
la migliore
carezza
amica.

date to be confirmed

Lunedì 12 Luglio, Lunedì 12
Luglio,
ma che ansia, che tedio,
contrapposizione,
le gambe sudate e l’unico conforto è
una tua carezza, madre:
sono malato,
non riesco più a uscire dal corpo
che mi sono creato.
Lunedì 12 Luglio, Lunedì 12
Luglio, fai caldo
fai schifo, con le tue rane nelle risaie
e i tuoi ristoranti
sulle provinciali
lingue ricurve
specializzati in
rane. E il mio bagaglio per terra
sembra una mossa
di karate
venuta male. Venuta in terra. Una chiazza
di sborra secca.
Dolce.
Lunedì 12, Luglio: un’altra donna
ho deluso.
Lunedì 12, Luglio: un altro giorno
per partire.
Lunedì
Lunedì
mi chiedo perchè devo esibirmi, compatirmi,
costiparmi. Mentre fuori
piove.

lungo la via

A Fontanetto Po ho visto vecchi

mattoni beige
andare in bicicletta
lungo zerbini d’acqua e riso
ridere poco
dei loro stati pensierosi
e lasciarsi sfumare coscienti in fondo
di ciò,
dal vasto scenario
della Pianura Padana.
Acqua. Acqua. Fra il cielo
e la terra.
Una linea d’asfalto attraverso voci
di donna e di uomo,
delinea un confine di
carta pastello, su un quadro
dagli improvvisi colori.

Salice, lonesome love.

Ho la fortuna, di avere un foglio,

e una madre
che ha spalancato la bocca di fronte
al prato bagnato.
Le coperte: da ritirare.
Qui fa un caldo
insaziabile. Leggo dell’uomo senza qualità
e il novecento, in questa piana
sembra
lontanissimo. Le batteresti
le ciglia, ancora una volta,
qui,
suonando Mahler,
per me?

La parrucchiera questa mattina
aveva un bel negozio,
bianco, e suo figlio cianciava
d’aerei da caccia. O di bambole.
Ma era così
piccolo. E
inopportuno. Ch’io mi sono scostato
prima del suo prossimo sogno.
Ho la fortuna, di avere un foglio.
E tu, questa fortuna,
ciglietta, chissà se
ce l’hai.
L’hai riposta in un cuki-pakko-da
freezer, sbavando e soffiando,
spumeggiando e
restando immobile
come il salice, fotografia riversa
un poco più in là.
Povera te. Che credi ancora d’avere
quasi
meno
caldo
di me.

Mitt hjerte alltid vanker


Tre cimici, lungo un asse mediano,

scese lungo il mio pube.

Occhi rosa, adamantini.

Occhi di bidoni versi d’immondizie,

cemento screpolato. Piano di Mitt hjerte alltid vanker

appena accennato.

Il mio corpo, reclama pioggia:

Voglia di piangere per sostituire

un tuo abbraccio.


La camicia, è qui. Semiaperta sul petto

e sopra di me, come una tenda.


Mi copre, mi scalda.

Mi avvolge,

ripara. Mormora.

Soffoca. Afa, cappa,

ignavia.


Tre cimici,

scese fino all’alluce destro,

abbracciano, lavorano, zampettine.

Le guardo

come fosse il corpo

di un altro, è il corpo di

un altro, io sono troppo distante,

soffocato, per curarmi di.


Penso ancora ai nostri momenti,

alle giacche, ai sandali, ai sogni. E rovescio

la testa come una U quando

tutto è già andato

e ho le mani distese. Nuvole aperte. Sfumate.

Sole.


In fondo. Alla fine: non so quello che

voglio. E ringrazio Santa Madre

hjerte che mi

scorre nelle vene, e che mantiene


questo

equilibrio

fragile.