A coprire

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(Dedicato a chi migra. Anche quando non ce la fa).

Il cd ha un riflesso che incrocia
la tua mano tesa
E acqua in gola.

É schizzato su all’impatto
e nel volo
si é girato e vi ha visti cosí,
A gambe perse,
Come fanno gli spiccioli.

Le scarpe pesanti
Che più gridi e più l’aria
ti immerge, che più spingi e più
Pezzi di legna
di acciaio di gente.
Pezzi di vetro
A guardare le onde.

E laggiù per un attimo ancora,
Nel freddo con le mani alla schiena,
Li hai visti tutti quanti nuotare,
Mentre il mare chiudeva
le labbra
e la barca violenta,
come un telo a coprire.

 

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Lui

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É sempre lo stesso, lui, così
confortante:
Una selezione (per modo di dire).
Un ragno sul muro da incollare e
scollare. Per far passare le paure.

Che gli uomini hanno paura di venire
troppo presto e le donne
di non venire affatto, la grazia rapita nei modi
bruschi e gli sguardi che si parlano solo
per malizie di caso,
e poi più.

E così ritorna a se stesso, lui, a rimettersi
nelle coperte e nei modi di poggiare
le braccia e le gambe,
Nelle prove generali che si fanno ogni notte
per il sonno più lungo che
sarà. (Con il beneficio del dubbio,
L’incubo).

Divaghiamo, per rendere quel che é solito meno
solido e poterci guardare attraverso,
con le paure di ogni abbruttito
essere umano e il piede
che tiene il tempo
facendo un vuoto
col pedale
del piano.

 

Mani nude

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Guardo la fine negli occhi nei denti bianchi
Nella samba-bossa nova, lei vecchia che sbava,
Una collana convessa ai concavi seni,
E tubini bianco crème fraîche,
Fresca la crema,

Fresca la carne
Fresca la moda
Fresca la fragilità di ossa magre
e solida Convinzione morale

La pornografia
delle mani nude.

Guardo la fine,
La vedo chiara immagine cosí volgare
E cosí viva-la vida,

nelle sue spalle
e sulla sua pelle
per spiagge piane, ma piane, che
per volerci camminare
saremo disposti
a lasciare tutti i segni
che non vorremmo
segnare.

 

My days

 

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I’m looking for
what I can’t write or sing, for
the impulse that is given,
the one not chosen
‘cause isn’t known,
An “ain’t nobody” à la Steinbeck
A void, à la Perec:

I’m looking for what I don’t know,
Although I know
what I’m looking for.

A dark room and a picking guitar
in my head, the air conditioning
foaming and its soul – the Karma-force
pledging the street,
and the giant bat-like shroud,
the dozing clitoris
and the “Leaves of Grass”:

The event of affect,
is what I’m looking for.

No pictures,
only sharp-cut movies.
And no names, neither you
or I.
Only something we oughta
but can’t imagine,
something to be shy of,
being excited by its wet
open-legs-cum-hair-
spider-like form.
–   It’s what I’m looking for.

 

 

 

Divenire

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Contenere, contendere, cantina, contare,
Cartina tornasole, gira lecca chiudi e
Fuma le parole,
Bacia le parole,
Sfiorale:
Sfonda le parole, sbattile.
Tienile da dietro,
la loro pelle,
il loro salvagente.
Piega le parole, segnale.
Mischia il bussolotto di cartoccio
e di cartone, Aprile:
sono in divenire.

Definire
è la morte prima
di ogni filosofia.

Come le gambe

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Accoccolati e dispersi,
a ricorrersi dietro un monito cellulare
come sulle piante a prendere il sole
e a riflettere
la luce e le ombre, le ombre e la luce,
in quei giorni che le querce dei
campi hanno le ciglia
trafitte dai raggi del sole,

su pianure ghiacciate
distese abbracciate, occhi rossi
e arancioni,
centinaia di paia di occhi
che guardano per un istante uno solo
tra i rami spogli e il
tronco
allineati e sospesi
guardano l’uomo,

non un uomo
non uno,

Dammi la mano,

un movimento lento si forma
la brina, e noi più vicini e
ancora più accoccolati invischiati
più sudati di prima,
il sole scende e l’occhio
scompare, compatta la pianura
gelida torna
al suo canto di industria
morta a espirare,
coni di alito sui treni
sfiancati
come le gambe, senza
controllore.

Au chocolat

 

Voglia di qualcosa
che rassomigli al piccolo mondo
antico, o alle parole che non dico ma suono
E a quelle che suonano sole negli oggetti che muoiono e
nelle lingue che non parliamo ma si aprono
Grazia di Grazie, Ingrédients:

120 g de chocolat noir
75 g de beurre
(demi-sel,

c’est toujours meilleur)

Meilleur,
Meilleur –

4 oeufs
90 g de farine
120 g de sucre
et un 1

sachet de levure

Basterebbe…
Qualcosa che sfugge, piccolo come
un sachet,

Uno spiffero micidiale
Da una finestra chiusa male,
In un Hotel trascinato
lungo 54th Avenue e il Parco Centrale.

 

 

 

Siamo stati (Tangenziale)

Siamo stati a piedi lungo la tangenziale,
le ciglia della tangenziale,

e palpebre di cemento
e iride sputata negli incavi SOS,

Siamo stati a piedi coi piedi a mollo, l’asfalto,
passando accanto a donnole in coda
a sovrastarci come campi minati,
coi loro sportelli illuminati

e i loro occhi bagnati

e calendari di ragazze mai
vissute mai passate di qua, Siamo stati
sotto un cielo così –
e il vuoto sottostante,
con le braccia aperte poggiate lungo
i canali che fanno i raggi del sole,
solchi su campi che non
abbiamo mai visto e mai potremo
vedere,

Siamo stati lungo il guardrail, passi fermi e andare,
l’orizzonte un capriccio, la città
una serie di scale,
pizzicate le scale
da un contrabbassista nero ciccione,
banale, là sotto,
sotto le nuvole e il Gabbianone:
La città un pensiero di cui potersi non curare.

Siamo stati dove per verità di cose
dette non dette le cose
siamo ancora,
in un’aia di pianura,
con il tempo che passa perché il sudore
segna la schiena, che se avessimo schiene
meno porose non passerebbe, no,
il tempo, e abbiamo mappe
letti fiumi e diramazioni,

che seguiamo con le dita
ogni volta che capita, tu e io
in questa partitura di cemento dismessa,
senza punto di arrivo o
partenza, che ogni punto di arrivo
è lo stesso punto, della stessa circonferenza.

 

Stelle

Poesia di Michele Lancione www.shelterblues.com

 

Pensieri in fila come divieti di fumo,

a codificare l’aereo e i morti suoi,

il giardino, la posta,

Pensieri in fila come divieti

di fumo di pace, di labbra.

Ovunque si vada,

Fazzoletti

parole a metà, lacci e laccioli,

Imposizioni:

Non abbiamo libertà

di rifiuto. Corpi divelti aperti al

Firmamento,

cuciti e crocifissi

alla volta del mondo,

corpi ad arco, come l’arco delle labbra

socchiuse a fumare e succhiare

l’ultima nota

che inonda riempie e s’inarca facendo

una stella

con un poco di carta

un filtro, una strada.

La suola della scarpa che si abbassa,

divina.