Urb Act (1)

Pagine bianche, pagine gialle, massaggi con finale
di mano di bocca di cuore, fare la spesa
con un occhio alle offerte, parco centrale,
Le fronde sbattute gli studenti coi loro computer,
i tubi lungo i muri, autostrade,
autostazioni senza motori senza passioni,
Porte scorrevoli carrelli a comando
carte per mangiare quello che s’è digerito,
ruota, banco, semaforo. Ordinazione.
Il cielo è quello che vedono gli occhi
quando si aprono per andare a dormire.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

Interroga

Non ho forza di scrivere poesie davanti a uno specchio
davanti ai limiti ci vorrebbe una linea di fuga
non una poesia
ancora da scrivere, una canzone a cui mancano
accordi come capelli su un guscio,
il tuo tatto,
che non è stato programmato.

Davanti allo specchio
una faccia segnata dai
ripieghi, non riesco a smettere di
guardarla mentre
interroga, non un suono
né parola.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

Circondariale

Ernesto esce di casa, le spalle tappate da una sciarpa, una giacca, una mantella che è lunga un colore marrone. Esce di casa in macchina, Ernesto, accende la radio. Alla radio passano un pezzo di Prokofiev, lui sa che è Prokofiev perché da ragazzino amava il gelo la Russia e Pasternak. Sono collegamenti che si fanno su un divano quando scende la sera, un libro con la copertina rigida rossa, allora. La macchina è fredda, la brina sul vetro, l’alito fa le ostie a ogni sospiro. E’ una macchina fatta al suo paese, il paese di Ernesto. Il cambio che va in folle tra la seconda e la terza che lascia girare il motore libero come una falena. Quel cambio l’avrà montato su Carmine, Angelo, Carmela. Mentre pensavano chissà-a-cosa. Alle braciole delle domenica, alla gola, di Angelica, a quel passaggio irrisolto della: Settimana Enigmistica. Non è colpa loro, non può esserlo – è l’impianto, la mole, il tempo. La fresatura del pezzo. L’imbonitura dell’acciaio straniero, cinese. Mette in moto, non parte. Prokofiev ondeggia, nel senso delle braccia, le spalle, per dare fiato agli ottoni e aria alle viole. Una caduta, un silenzio, si accende il motore.
Il fumo bianco traccia un gioco di gas che partono insieme e poi si disperdono, come code di stelle-di-natale, arrivano fino al capannone, alla rimessa, e alcune gocce arrivano su fino alla ventola del bagno ci entrano dentro e vanno a guardare la moglie, un gesto ripetuto a mettere un reggiseno bianco a cui non crede più. Retromarcia, Ernesto. Pomello rigido su base instabile, volante che scotta di ghiaccio e vetro che al calore, il vetro, si appanna ancora di più. Barba, sopracciglio ricco, piede folto e addome un poco scucito, figura tutto insieme ben disposta ed eretta. Ancora per poco, Ernesto, un sospiro. La prima, ingranare lungo una breve salita di ghiaia compatta e lasciarsi alle spalle la casa monofamigliare mono piatto mono stereofonia, antenna satellitare.
Ernesto si ferma un momento all’incrocio tra la via di casa e la strada principale, l’ingresso che lo porta in circolazione, una potenziale biforcazione verso l’infitto, ogni giorno ogni momento ogni istante, lì a portata di naso. Non arriva nessuno. Il vetro è più chiaro, si vedono i campi con gli alberi spogli e il marrone, il sole che sorge e sa già di giorno passato. Sa di ieri, questo è ieri. Lo dice anche Prokofiev nel suo ripetere il motivo, lui lo sa, ne è sicuro, e lo trasmette col vigore di una banda di perversi vestiti di nero e di frac. L’incrocio è  passato. Come l’infinito, e il naso. Svoltare a sinistra, trecento metri, a destra. Le case non si guardano e non c’è altro, solo uno sguardo rapido a un appartamento dove viveva, un tempo, una ragazza a cui aveva fatto il filo, Ernesto. In modalità principiante, un orso di pezza dei fiori. Auguri. Lei che ride, dietro arriva un’altra macchina e un ragazzo con un maglia a maniche corte e dei jeans. Fa la rotonda, ora, una lingua di cemento che costeggia un campo da calcio una chiesa minuscola, un bosco e poi la Provinciale. Un chilometro scarso, un cavalcavia, i segni di un campo con stecchi piantati qualche mese prima che ora sono rigidi come indici rivolti verso la dorsale del cielo. Ma questo non lo pensa, Ernesto, lui guida e sta solo tra gli archi e l’ingresso del tamburo, chissà quante volte Prokofiev avrà guidato per andare al lavoro. Zero. Sulla Provinciale, meno uno.
Ernesto percorre gli ultimi metri lungo le inferriate rossicce piano, guarda il monolite antracite piantato nel mezzo del nulla con la coda dell’occhio, e vede che il marciapiede è d’asfalto, vede che le insegne sono un poco arrugginite, sa che le linee che delimitano i parcheggi se ne stanno per andare via, passite. Ma questo non è quello che fa un uomo, questo fa il destino. Parcheggia la sua auto a sinistra, smonta, sbatte chiude. Varca il cancello pedonale e fa un cenno di saluto al sorvegliante che ricambia. Alza lo sguardo in alto, il gelo ha coperto anche le stelle, con il cielo, le inferriate della quarta sezione hanno la brina e la sua divisa, ora, sembra fatta di carta, pronta per prendere fuoco, come la mano al volante, le piante che puntano l’indice, Prokofiev interrotto al soffocare brusco del motore. La libera circolazione. Ernesto entra nella Casa Circondariale, si sistema la cintura, i ragazzi sono già allineati per scendere alla mensa per fare colazione.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

Liberazione

Le hanno tagliato i capelli
è uno stato di necessità

la maglia a righe la sponda la frangia,
Alba, Corniolo e la
Linea Gotica,
uno stato di necessità.

Quattro bicchieri su un cucchiaino,
le ballerine consumate avvolte
distese coperte:
notti in piena, notti di Agosto.
Stato di necessità.

Intanto le ombre avanzano.
Salgono i boschi come insetti
la schiena del giorno, all’angolo
di un labbro una cava,
il posto di blocco un incavo,
la lettera sporta come un mento
esposto che dice,
Resistenza.

Il tuo collo tirato su fino
alle ciglia, la nebbia attorno
come una spiaggia.

Salmo,
accendino. Fuoco di montagna dopo
fare l’amore. Continuiamo a scappare
come fotogrammi messi male. Stato di necessità:
farsi venire le rughe
per orientare la guerra
scavando linee
su palmi di mano.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

la macchina

la cosa che mi scuce di più 
della donna che passa per strada
le scarpe grosse, la giacca-spalle-larghe
l’ombrello trascinato nel gioco dei capelli,
è la finestra, dove mi rifletto, la tazza, 
la mia ombra scomposta che si
incrosta su una macchia 
e viene attraversata da una macchina.



———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

piani da sovvertire

quando i piani non li riusciamo a sovvertire

e il piano della cucina rimane tale

un coltello una sigaretta

mentre
continuano a bussare, coi loro canali preferenziali
e le nostre divise tutte uguali 
i ritmi le pratiche, i labiali senza gravità. 
La sedia fissa immobile sul balcone nero ha la libertà di restare là fino a quando non la andrai a spostare e questo libero arbitrio è così,
un fermo invidiabile.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

Se c’è speranza per un cambiamento


(a Leo)

Se c’è speranza per un cambiamento 
quella sta sotto le unghie, incosciente movimento,
di raccolta, briciola naso vagina seno, tavolino, aereo,
treno, culo, raccoglimento senza differenziazione,
un ammasso che è potenza
perché non ha distinzione:

Se c’è speranza per un cambiamento io la voglio
dalla parte di me che non pensa non sa,
non comprende perché non si riconosce allo specchio,
La voglio nuda come una donna che è un uomo,
aperta come un armistizio, 
bagnata come l’altro universo.

Quello in cui non sto scrivendo.
Non sto comprando.
Quello in cui, sipario aperto,
non cambierà nulla perché tutto cambi
nelle fette coscienti d’ogni mio giorno. 

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

bugs

gli insetti vinceranno, prenderanno il sopravvento
e ci faranno una coperta 
con cui avvolgere fratture, braccia a penzoloni
bave e penetrazioni. 
gli insetti aperti come le gambe 
la testa scomposta 
riversa, d’arsura vergine
arresa,
si frantumano
contro gli specchi  
prendendo forma nei materassi
scavando cunicoli
mentre abbracciamo cuscini,
chiudiamo,
gli occhi.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

What if I got it wrong?

I piedi che tagliano a fette la sera, Capitano,
ci portano incontro ai dettagli,

aprono squarci su mondi che non conosciamo
universi lontani, dalle sciarpe
dai lacci delle scarpe, dalle cose, per dire,
che uno fa perchė deve,

universi a tre piani, fuori tempo e luogo come un
pezzo di terra marrone
preso per caso per mano per dita
che ti fa rendere conto, mio Cavaliere,

che la cosa più semplice è
sempre quella rima da non asciugare
quando scende.

———- Creative Commons Non-Commercial Attribution. Check out my website: https://www.michelelancione.eu

Nocturne

La centrifuga della lavatrice si aggrappa alle scale
viene qua, si confonde con noi,
il crepitare del vinile,
il sospiro della madre
che si siede
quel Ci vediamo ancora domani
che posa il suo piede
a tirarci fuori lacrime come confetti.

Festeggiamo, siamo vivi,
a tentoni celebriamo
senza ricoprirci di troppe parole,

tendiamo l’orecchio
al colore,
soffocando della malinconia dell’altro.