diam la paix

Diam la paix.
Dammela nelle cartoline
da anni impresse sul muro, dai cuscini
con cui affronto la notte,
da due dita sul mio ultimo affronto
di collo. Diam la paix,
mia cara, corolla e
amarena, lettera morta,
correnti ampie come solchi
sulla schiena. Stendila, fai
piano.
Porgila da una cattedrale
in un campo di grano, con l’uomo
che guarda in su, scavalca il vento, e
non chiede non muove:
ti guarda sorridere, riflessa pupilla.
Un pianto gaio. Immobile
e solo.

Dammi la pace del giorno fotografato.
Ora.
Dammi gli angoli della tua
mano per immaginare
il passato, quando ho i piedi a mollo
nel giorno
e ho quel vuoto utile
per essere abbracciato.

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