Solismo

Nell’esercizio delle sue funzioni
Nell’esercizio delle mie funzioni
Le mie mani sembrano la periferia estesa di
Un modello di Boggi Milano su una
Umberto Dei, tutta una citta’ coi binari dei tramvai bagnati
E le sei della mattina, le cinque delle mattina,
Le quattro accartocciate su se stesse e solismi,
sofismi, funzioni applicate alla buona riuscita
di oscuri meccanismi.

Che i meccanismi, hanno i loro meccanici,
Dipinti per l’occasione à la Calvino, Palomariani,
lavoratori di classe con un gusto di classe opposta,
panino nella stagnola e pensiero di finitudine riflesso
sulla coda del volo mondato di uccelli
alla finestra. Overture:
Sul treno l’uomo nero ha i piedi sul sedile e si gira
a chiedere alle vecchie sorelle Vitton se per cortesia,
cosi’, per una estensione, possano tacere.
Lui deve dormire e con lui ogni notte.
Ogni meccanico, e ogni estensione.

Tessuta come le dita sul piano,
La ferrovia, in arrivo a Magenta per Pioltello Limito,
dove dal nome uno pensa di trovare una statua del milite ignoto,
e invece e’ tutto buio tutto pisciato e le assonanze non
funzionano piu’. Restano solo i nostri piedi nel melmo
della risaia e i nostri occhi a riflettere senza un’aggiunta.

In attesa a vederle passare:
Liste di case basse, intonaci, eternit —
Cascine coi tetti rossi, l’aia, l’IKEA —
I grandi fusti di farina pressata Barilla,
motociclette, Ferrari, nigeriani —
e quei bar che non sai mica se e’ aperto se e’ chiuso
sai solo che e’ vino versato paglierino alla spina.

Ed e’ cosi’ che tutti, cullati, dal Solito,
il nero la notte il Vitton col Boggi sul milite ignoto, e’ cosi’ che tutti
appena passati, ci ricorderemo:

Le sue funzioni, le sue passioni, le sue azioni.
Le sue mansioni, decisioni, apprensioni.
Le sue aperture, paure, fissazioni,
masticazioni e affirmazioni,
erezioni e proposizioni,
mascelle, bavette,
e un grumo di saliva all’angolo delle sue ragioni.

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