sul seno del giorno in cui siamo

a Fab, Fra, Roby
dal palco un corpo è una esse, che si perde
in vocali di scena, da un lato è un baffo girato con
cura di mangiafuoco, da sotto il piercing
di una donna coi capelli corti e la schiena
cappotto di schiena, 
valigia di schiena
ricordo non dato imbastito rollato 
e passata-di-lingua
di schiena.
dal lato del bancone luccicante di brina c’è
un locale chiuso, lontano dai campi, dalle autostrade,
dalle freddure dei guardrail e le loro televisioni
accese: la notte, le luci dell’uomo come anfratti
di bocche aperte e richiuse
salivazioni,
attese,
Partiamo:
che da un giorno abbiamo appreso
 l’esigenza dell’ora,
da un tavolo un amuleto 
una penna
un’armonica un’africa 
un libro.
Partiamo,
 perchè è il nostro passo affermativo,
è il nostro poggiare 
le orecchie 
le mani
due dita 
sul suo morbido seno, 
e le labbra sul capezzolo 
del giorno in cui siamo. 

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