Una cicca a forma di cola (o Cronaca del mattino)


a fab.
le tue mani sono protese nel vuoto, oltre il letto,
è così che ti svegli, stai suonando il piano
della loro follia con corde di carta
e dita lunghe, scordate, mangiate. una delle cose più belle di me
è veglia, con la testa che pulsa, un
primo conato di vomito come un neonato.
una delle cose, è quella spinta, la testa di
tartaruga, quella che bussa quando sei ancora rannicchiato
come al riparo, fa capolino la sua testa tenera
marrone con due occhietti, tu fetus scomposto. una delle cose
è alzare la tazza e derubricare il mondo
con imponente voluttà di
due chili di merda. E la testa gira ancora.
Hai un canale secco, un solco tracciato di lama, nel petto
al posto del tuo esofago, che
sta lì senza speranza d’acqua in una giornata
in cui pure i suoi occhi sembrerebbero
acini secchi, ma lei non ha mai avuto
una melanconia così. O quasi. Una delle cose più belle di me
sta tra i miei tronchi, in una matrice tra i miei peli,
le ciglia, le unghie, humus e pallini di cotone nella
pancia, una delle cose più belle di me, sono
io per intero nudo davanti allo specchio deforme, bianco
come un foglio elettronico
stropicciato da molte attenzioni e profonde
astensioni. Aria! Via tutti: maledetti! Spiritual : Ho un amico
che se preso per mano per gola per dose,
rivela scopre denuda coupe de
theatre la vostra vera natura di vero imbecille. Ingoi tre pillole. Torni
nel letto. Puzza e lo sai, lo sai quanto puzza
stare, essere odiando, posizionato nel mondo
come un attore convinto che siano gli altri,
a recitare. Quelle loro impomatature! Hai un altro conato di vomito. Corpo ribelle e molliccio. Il treno è in arrivo.
La caffettiera spenta. La pattumiera
è fuori dalla porta e se ne va,
facendo pacchi scomposti col tuo vicino. Per terra: una cicca
a forma di cola
.
Ti alzi e hai dolori inspiegabili. Il polso: è storto. Fitte interne partono e
chissà. Lo zaino è già pronto e
una delle cose più belle di me
è mettere le scarpe, chiudere la porta, quella mia,
la tua, la nostra danza: chiuderla e
solo
scendere le scale. C’è un sole croccante
e un cielo così, una mutanda
stirata pulita, precisa, come solo mia madre sa
fare,
bella madre che roteando gli occhi fai il cielo,
potere di donna,
potere di odore e di suono, lo vedo,
dai balconi altrui, tra una fessura grigia e un’altra marrone, tra uno scalino
e una foglia umida stanca, un vaso che abbraccia la terra, la cosa più bella che c’è
è salire sulla mia bici, andare in stazione,
pedalare senza mai toccare il freno
essere conscio di
essere solo, in barba a chi dentro me
manifesta roco, con una certa postura,
per sostenere la precisa
volontà del contrario. Passo come l’ombra riflessa
sul muro scrostato e io sono
adesso.

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