to see what condition my condition was in


Ho le gambe distese come linee bianche
di un’autostrada che tange
steppe mongole, cieli come fazzoletti che
carezzano cavalle sudate
al galoppo.
Sto con la testa all’indietro, dopo questo giorno
oh si oh yeah
di un bicchiere e un altro ancora,
come fossi il Grande Lebow – con le dita nel
cocktail o in altri umidi
labbiali
morbidi
incavi.
Niente può farmi male adesso
Niente può più,
Quando il tramonto trafigge la mia tapparella
e il panino è mezzo mangiato, la birra
una miniatura scrostata sul vetro, la polvere un gatto e vedo
stelle come calli al soffitto
parole come tip tap
caloriferi come chitarre elettriche poggiate
giusto poco più in là.
Una distanza di mano, di passo,
confortevolmente,
serenamente, lasciata.
Occhi chiusi, e vedo:
una donna, alta, che seni che fianchi, alla porta,
come si muove, gambe lunghe
che gambe: lei danza!
Questo salotto è il regno di dio
ed io posso anche ballarci insieme, col salotto con dio
con la birra con il mio culo sul divano
con un motivetto strano, un mp3 che salta
come un vinile, storto,
e con questa mia sorella alcolica
che alla porta mi sbatte in faccia la sua sensualità
porca, viola-nera,
malinconica.

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